Also sprach Carlathustra 30 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in da vinci's family, Inter (nazionale).Tags: also sprach carlathustra, amarcord
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Ieri ho tremato. Mia madre era a Roma per un congresso e quando le ho detto che anche l’Inter giocava a Roma, mi ha risposto: “Ah, si vince facile.” Ho tremato davvero.
Mia madre è un personaggio molto sui generis, ne ho già parlato qui e qui. Non capisce nulla di calcio, è campionessa mondiale di sfrangimento di coglioni e ha al suo attivo varie affermazioni che hanno fatto storia. Per questo io e mio padre non la portavamo mai allo stadio. Una volta, però, l’Inter giocava in Coppa Campioni contro una squadra tedesca, nella quale militava un ex-calciatore dell’Empoli che consideriamo un membro della nostra famiglia. Lui ci dette tre biglietti e fummo costretti a fare un’eccezione. All’andata avevamo stravinto, quella partita doveva essere una passeggiata e ce la siamo portata dietro quasi volentieri. Era dicembre, il giorno dopo era pure festivo, e lei venne a San Siro con la pelliccia, i capelli laccati e la borsa di coccodrillo. Si era travestita da sciura milanese. Peccato che fossimo nel settore riservato ai tifosi tedeschi, con cui lei chiacchierò comunque amabilmente, anche se non so in che lingua.
Dopo i tributi della curva Nord a un ex-simbolo nerazzurro tornato in patria – qui i veri tifosi hanno già capito dove andremo a parare – la partita iniziò, ed era chiaro che Trapattoni non voleva andare all’arrembaggio.1 L’Inter traccheggiava e gli avversari sembravano rassegnati. Al 29’ del primo tempo Carlathustra disse, agitando la borsetta di coccodrillo: “Uffa, se non fanno almeno un gol non mi diverto.”
Quella partita era Inter-Bayern Monaco, del 7 dicembre 1989. Il Bayern segnò al 30’, al 33’ e al 37’. Tre gol in sette minuti e addio Coppa. Si dette la colpa al Trap, che non seppe sostituire in tempo Brehme infortunato, e da capro espiatorio funse tale Pasquale Rocco – entrato in campo al posto del tedesco – che concluse lì la sua carriera da professionista. Ma la vera responsabile era lei. E rischiò veramente di finire in campo, dal secondo anello, insieme alla pelliccia e alla borsetta di coccodrillo.
Per questo ieri ho tremato. Però l’Inter ha vinto facile davvero. E io ho capito che dio c’è, è bellissimo e parla portoghese.
p.s. fino a poco tempo fa ero convinta che parlasse romagnolo, ma è ingrassato troppo.
De supereroibus 29 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in supercalifragilisti.Tags: amarcord, dring
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Approfitto della calma del fine settimana per abbassare un po’ i toni da blog intellettual-figo-radical-quiche e parlo di televisione. Premetto che da un paio di anni a questa parte non l’accendo quasi mai, e se lo faccio è per guardare qualche partita, qualche film (secondo il dring, comunque, sempre troppo impegnato, di quelli in cui si parla, si parla e non succede nulla), i nuovi episodi di CSI, quelli vecchi di Friends e Una mamma per amica o i tg di ARD, Television Española o di Sky. L’abbonamento alla tv di Murdoch è stato uno dei più bei regali che mi ha fatto mia madre e non la ringrazierò mai abbastanza. Dal primo ottobre la mia gratitudine salirà a livelli inauditi, perché SkyShow (canale 116) ritrasmetterà una serie che mi ha cambiato la vita. A costo di creare un incidente diplomatico in famiglia (il dring si sente Spiderman, se mi fa arrabbiare rischia di veder qui pubblicata una foto molto compromettente) dal lunedì al venerdì alle 15 non mi perderò nemmeno una puntata di
Come non si fa ad amare un mondo dove questo buono combatte con questo cattivo, gli dà questi pugni e regala perle di saggezza quali il motto dei boyscout?
Quasi quasi vendo il maggiolone e mi compro la batmobile.
History will teach us nothing 28 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in Internazionale, Maestri, traduzione.Tags: mifavenìllaonco
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Qualcuno ricorda che il colpo di stato di Pinochet è avvenuto un 11 settembre di qualche anno fa. Un cerchio che si chiude con violenza, un eterno ritorno di brutture.
Questa invece sembra una citazione da una poesia del mio Wolf Biermann:
In Santiago, im blutigen Jahr
Da fielen so viele, zu viele
Und das ist Chile in einem Wort:
Ein Mann filmt seinen Mörder beim Mord!
Ach, Macht kommt aus den Fäusten
Und nicht aus dem guten Gesicht
Aus Mündungen kommt die Macht ja
Und kommt aus den Mündern nicht […]
Du siehst bei der Arbeit mit der MP
Besonders dies Vieh, dieser Bulle mit Stahlhelm
Wie der an den Kiefer die Knarre preßt
Und wie er sich Zeit läßt beim Zielen, beim Zielen…
Der Kameramann zielt genau auf den Mann
Der Mann legt auf die Kamera an
Dann wackelt das Bild, der Film reißt ab
– das ist es, was ich gesehen hab:
Ach, Macht kommt aus den Fäusten
Nicht nur aus dem guten Gesicht
Aus Mündungen kommt die Macht ja
Und kommt aus den Mündern nicht
(A Santiago nell’anno del sangue
morirono in molti, in troppi,
questo è il Cile in due parole:
un uomo filma l’aguzzino che l’ammazza!
Il potere si ottiene coi pugni
non con le mani pulite
il potere è nella bocca delle armi
non nella bocca della gente […]
Si vede dal gesto del militare
quella bestia, lo sbirro con l’elmetto,
gli preme il fucile sul mento
e prende la mira con calma, la mira…
Il cameraman mira all’uomo
l’uomo mira alla camera
poi l’immagine balla, la pellicola salta
– ecco cosa ho visto:
Il potere si ottiene coi pugni
non con le mani pulite
il potere è nella bocca delle armi
non nella bocca della gente.
(Traduzione, libera, mia)
Non intendevo questo quando dicevo che il tempo è una marmellata, ma la frase si può leggere anche così. Il presente è appiccicato al passato. In questa massa condensata tutto resta uguale, nulla cambia. E di dolce c’è ben poco.
Già che ci siamo… 27 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in scanzonamenti.9 comments
Lungo il viaggio
e anche noioso
arriviamo affaticati
le valigie son pesanti e i vestiti stropicciati
Meno male
eccoci qua, in un albergo illuminato
una stanza c’è per noi
noi che abbiam tanto viaggiato
So tutto
di questi posti ormai
e il freddo so
di questa chiave in mano a me
E ti prepari ad abitare
questa stanza come fosse
una casa
e io che aspetto
Mentre metti nei cassetti
la tua roba e anche la mia
e al di là della finestra
c’è una luna strepitosa
che ci guarda con tristezza
Luna di marmellata per noi due
che abbiamo casa e figli tutti e due
ma abbiam sorriso senza alcun pudore
all’idea di un ultimo amore
…perché Paolo Conte è sempre Paolo Conte.
Di tempo, marmellata e nonni 26 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in lector in fabula.4 comments
Mi riallaccio al post di ieri e alla discussione che ne è scaturita sui tempi, gli ingredienti e i modi per preparare una marmellata e parlo di uno dei miei libri preferiti: Die Palette di Hubert Fichte.
Hubert Fichte (in italiano verrebbe fuori una roba tipo Umberto Abeterosso, 1935-1986) è stato l’Allen Ginsberg, il Jack Kerouac della Germania. Mezzo ebreo sotto Hitler, bisessuale in epoca postbellica e puritana, autodidatta culturale, non ha avuto vita facile. Fin da ragazzino ha recitato a teatro, poi ha intrapreso studi di agraria ed è finito a fare il pastore in Provenza, l’educatore di ragazzi difficili in Svezia e l’assistente sociale a Parigi. Tornato in Germania negli anni ’60, ha iniziato a scrivere e nel 1968 ha pubblicato Die Palette, la sua opera più riuscita, che prende il titolo dal locale-culto dei freak di Amburgo.
Non c’è un canovaccio, solo dialoghi, impressioni e flashback sul passato degli avventori, tutti personaggi molto alternativi, molto beat, oh yeah, ai margini della società: semiartisti, delinquentelli, prostitute, ragazzi di vita, travestiti, fuggiaschi. Protagonista è la ‘scena’ della subcultura anticonformista amburghese degli anni ‘50 e dei primi anni ‘60, quell’underground che esisteva già prima che nascesse questa parola e che preparò il mondo al ‘68. La figura principale è Jäcki, l’alter-ego dello scrittore, gli altri personaggi, mai chiamati per nome ma solo per soprannome, vengono introdotti e lasciati passare. Non c’è azione vera e propria, non ci sono eroi, né buoni, né cattivi. C’è solo un mondo fatto di droga, musica, sesso, povertà, piccola criminalità, pseudo-arte. Fichte non giudica, presenta solo degli episodi, dei valori, un milieu particolare. Pian piano nel corso del romanzo è Jäcki stesso che si trasforma da semplice osservatore a critico del mondo che lo circonda. Non perché cambi lui, ma perché a cambiare, a deteriorarsi è il Palette. Arrivano nuove persone, cambiano i temi di cui si discute e i soldi hanno sempre più importanza.
Il linguaggio non è semplice, riproduce lo slang degli emarginati che frequentavano il locale, e mancano quasi i nessi grammaticali. La scrittura è fortemente associativa e unisce frasi dei personaggi a titoli di giornali, graffiti sulle pareti dei bagni e slogan pubblicitari, in perfetto stile pre-pulp.
Cosa c’entra tutto questo con la marmellata di ieri? Mi permetto anch’io un’associazione à-la-Fichte. La frase che più mi ha colpito del libro – e che rivela la formazione bergsoniana dell’autore – è la seguente: Die Zeit ist ein Gelee in Jäckis Omas Bonzenschrank, ovvero: il tempo è una marmellata nell’armadio della nonna di Jäcki. Non me la tolgo dalla testa. Nemmeno mentre affondo le dita nella marmellata di uva america e mele che ho fatto l’anno scorso, riciclando una vecchia ricetta di mio nonno.
Marmellata di pesche al profumo esotico 25 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in gnocchi seautòn.11 comments
Oggi inauguro anche la rubrica Gnocchi seautòn. Ho sempre desiderato scrivere un libro di cucina con questo titolo, perché secondo me tra le pentole ci si conosce, ci si apprezza e ci si vuole più bene.
Da qualche anno ho un debole per il ginger, comunemente detto zenzero. Lo metto dappertutto, nelle zuppe, nei risotti, nel tè, nei dolci e da ieri anche nelle marmellate. Avevo infatti due chili di pesche a polpa gialla che mi avanzavano e ho avuto l’ispirazione per questa marmellata al profumo esotico.
Ingredienti:
2 chili di pesche a polpa gialla
1 chilo di zucchero
2 lime
1 cucchiaino di zenzero in polvere (facoltativo)
1 radice di zenzero fresco
Lavate, sbucciate e tagliate a tocchetti le pesche (io in genere le frullo pure, ma al dring piacciono i pezzi di frutta nelle marmellate e glieli concedo per amore). Mettetele in una ciotola assieme allo zucchero, alla buccia (asportata per mezzo di un altrove tanto bistrattato rigalimoni) e al succo dei lime. Lasciate riposare per un’ora.
Nel frattempo sbucciate e grattugiate lo zenzero.
Mettete le pesche e il loro succo in un tegame d’acciaio, aggiungete lo zenzero in polvere, quello fresco e portate a ebollizione. Cuocete dai 30 ai 45 minuti, mescolando spesso con un cucchiaio di legno (per verificare se la preparazione è densa al punto giusto, versatene alcune gocce su un piatto, inclinatelo e controllate che le gocce scorrano lentamente verso il basso). Togliete la schiuma che si è formata in superficie, versate la marmellata nei vasetti sterilizzati e lasciate raffreddare otto ore circa. Chiudete i vasetti ermeticamente e aspettate un paio di mesi prima di assaggiare la marmellata.
Ancora non l’ho provata, ma spero che il pizzicorino dello zenzero sia gradevole e che il succo e la buccia del lime lascino un retrogusto fiorito e diano un profuno inconfondibile a questa marmellata.
Variante: si potrebbero sostituire le pesche con delle albicocche, i lime con un’arancia e il ginger con un bastoncino di cannella, da togliere a fine cottura.
Una delle tante prime volte 2 24 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in da vinci's family.Tags: Devoto-Marmugi, marlonbrando è sempre lui
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Il ranocchio
(è un po’ cresciuto rispetto alla foto, ma sempre ranocchio è) stamani non voleva andare al nido.
Il risultato della batrachiaromachia è scontato, ma la lotta è stata all’ultimo sangue. Marlonbrando è arrivato all’asilo con una faccia che più truce non si può. Le maestre hanno capito l’andazzo e hanno iniziato a vestire i bambini per portarli fuori. Lui è salito su un triciclo, si è diretto verso gli scivoli e mi ha guardato così:
lanciandomi un’occhiata da Fronte del parco
clamoroso al Cibali 21 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in egolalia, supercalifragilisti.2 comments
in realtà era il Castellani, ma per come hanno giocato le riserve dell’Empoli (e per come ha tradotto l’interprete ufficiale della partita) poteva essere anche il Camp Nou.
poco tempo per scrivere 20 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in supercalifragilisti.add a comment
lascio parlare loro. turchesi e pelosi vari, protagonisti di una vacanza di testa e cuore.
È tutto relativo 19 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in da vinci's family.Tags: dring
1 comment so far
C’è chi vuole fare la velina e non ha la mentalità adatta (mancherebbero pure le tette, ma non stiamo a sottilizzare), e c’è chi vuole fare il giocatore della NBA e non ha il fisico.
Il dring si è sempre sentito lo Steve-Nash-di-di-qua-dall’oceano, ma col suo metro e settantotto d’altezza non è stato preso granché in considerazione.
Ogni tanto va a fare due tiri in un campetto vicino a casa e ha conosciuto un gruppo di filippini (sempre lì si torna…). In quell’ambiente lui è esotico e alto, fa degli sky-hook strepitosi e ora crede che Steve Nash sia il dring-di-di-là-dall’oceano.
Bicchiere sempre mezzo pieno, ragazzi, anche se di lapu lapu (bevanda nazionale filippina).
In miniera 17 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in mens sana in corpore sano?.6 comments
Oggi vorrei inaugurare una nuova rubrica, quella dei discorsi sentiti in palestra.
La palestra che frequento è una tra le più pissere di Empoli. Al finesettimana ci sono fiordiprofessionistoni con le borse sotto gli occhi, al mattino neopensionati in tiro (ex-fiordiprofessionistoni) e casalinghe laccate (in genere mogli di fiordiprofessionistoni senza borse sotto gli occhi, visto che a case le aspettano filippine, babysitter, cuoche e non hanno mai lavorato in vita loro), la sera quarantenni leopardate con l’ormone in circolo e galletti unti con l’ormone bell’e ito. Tutta gente che non frequenterei mai fuori dalla palestra e che mi diverto a osservare e ascoltare.
Ecco uno dei discorsi che ho sentito qualche settimana fa uscire dalla bocca (rifattissima) di una casalinga laccata (n.d.r. la consecutio temporum è mia):
“Eh, sai, mia figlia ha 22 anni ed è viziatissima. Non è voluta venire con noi a Sciarmescècche (sic) perché dice che è passato di moda. Lei è andata con le sue amiche alle Mardive (sic). Vuole 400 euri alla settimana per i vizi. Io gliel’ho detto che i soldi non crescono sugli alberi, ma lei non vuole capire. E’ sempre a chiedere. E a me tocca aprire il portafogli. Il mese scorso ho visto che un bar del centro cercava aiuto nei mesi estivi. Le ho detto che le avrebbe fatto bene andare a lavorare, avrebbe visto cosa vuole dire guadagnare i soldi, forse poi ne avrebbe spesi meno. Lei mi ha detto di no, che si vergognava. In effetti aveva anche ragione, era un bar del centro, la vedevano tutti. Se gliene trovo un altro in periferia, però, ce la mando.”
Io mi sare vergognata ad avere una mamma come lei. E l’avrei mandata di sicuro da qualche altra parte.
(questa foto non c’entra nulla col post, ma nella categoria ‘mens sana in corpore sano’ Gianluca Basile ci fa la sua porca figura. e la sua mamma potrei pure ringraziarla pubblicamente)
Io non capisco la gente che non ci piacciono i crauti 15 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in Senza categoria.Tags: la deutsche vita
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Ieri al telegiornale di Sky hanno fatto un servizio su come in Europa è stata accolta la notizia della sentenza di condanna alla McLaren, per la famosa spy-story ai danni della Ferrari. La risposta più frequente al sondaggio fatto in Italia – dove siamo tutti chiaramente filoferrari – è stata “La sentenza è stata troppo mite” (ricordiamoci, poi, che siamo quelli che hanno dichiarato innocente Andreotti). In Inghilterra e Spagna – dove sono rispettivamente pro-Mc Laren e pro-Alonso, pilota della McLaren – hanno risposto “La sentenza è stata troppo dura”. In Germania invece – dove dovrebbero essere tutti pro-Mercedes, la casa automobilistica legata alla McLaren – hanno risposto “Non ce ne frega nulla, ci sono cose più importanti cui pensare”. Io non capisco la gente che parla male dei tedeschi.
Una delle tante prime volte 13 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in Senza categoria.Tags: marlonbrando è sempre lui
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Ieri è iniziato l’inserimento al nido di marlonbrando. E’ incredibile, ma non ho proprio nulla da ridire. La struttura è nuova e bellissima, le maestre simpatiche e in gamba, i ritmi e gli orari umani. Siamo capitati nel nido pissero di Empoli, gli altri sono un po’ più normalucci, però mi viene da pensare che questi comunisti sono bravi davvero. Fanno come gli spagnoli coi tori, viziano i bambini, li ingrassano ben bene e poi li mangiano.
Non ho nulla da ridire nemmeno dei compagni di classe. C’è una Denny Mendez in miniatura che dispensa sorrisi e canzoni, poi una bambina un po’ speciale, con le ruote e un’incredibile voglia di affetto, un aspirapolvere biondo, un timido dagli occhi blu, una coppia di futuri modelli, una palla di lardo con crescita esponenziale e una fragola. Un bel gruppo davvero. Un po’ troppo vestito (stamani c’erano 29° e i più leggeri andavano in felpa e pantalone lungo, per la modella rigorosamente rosa). Incredibile a dirsi, anche le mamme sono simpatiche, in generale un po’ troppo mammemamme (nel senso che pensano troppo ai figli e poco a se stesse), ma in fondo sono scelte personali.
Sono stata nell’aula con loro solo ieri. Oggi, visto che marlonbrando mi ignorava (come al solito), mi hanno cacciato. Ha mangiato tutto, anche gli avanzi della futura modella (lei ha piluccato giusto due corn flakes, e secondo me dopo è pure andata in bagno a vomitare), si è persino messo una scorta di banana in tasca, ha picchiato la testa e se l’è accarezzata senza nemmeno fare il labbrino, e quando l’aspirapolvere biondo (che ha quasi tre anni) l’ha picchiato, ha retto le lacrime e gli ha abbaiato (me lo sono fatto ripetere tre volte, perché non ci credevo nemmeno io). Quando al suono della campanella mi ha visto, mi è corso incontro gridando: “Ata!”. Cioè “Schiacciata!”, perché sa che il forno dove mi servo è lì vicino. Non c’è che dire, marlonbrando è sempre lui.
Richiesta d’asilo 11 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in Senza categoria.Tags: amarcord, marlonbrando è sempre lui
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Domani marlonbrando inizierà ad andare all’asilo nido. È un posto bellissimo, moderno, a misura di bambino, con tanto verde, tanti giochi educativi e persino una fornitissima biblioteca.
Io non ho il minimo dubbio, si divertirà un sacco e imparerà tante belle cose. Soprattutto gli farà bene capire che non è tutto suo (non è ancora uscito dalla fase Robin Hood, sembra aver ereditato la megaleghia della madre) e scoprirà a sue spese cosa vuol dire condividere.
A riguardo ricordo il mio primo giorno d’asilo. Avevo due anni e mio padre la sera prima mi prese da una parte. “Chiara, ora sei grande, e anche se a casa sei l’unica bambina, a scuola ce ne sono tanti altri e dovrai imparare il significato di parole come condivisione e solidarietà. Ricorda: quel che è mio è tuo, quel che tuo è mio.” Mio nonno materno, che non aveva le stesse visioni gandhoberlingueriane dei miei genitori, commentò: “Ma la mandate all’asilo Karl Marx o direttamente in un kovchoz?”.
Il giorno dopo dimostrai di aver appreso la lezione di mio padre, ma a modo mio. Arraffai più giochi possibile, poi alzai la mano (ero stronza, ma educata) e dissi: “Allora bambini, la regola è quel che è tuo, è mio, ma quel che è mio è mio, e guai a chi lo tocca.”
Speriamo che abbia preso dal padre.
Turchese 11 settembre 2007
Posted by chiaradavinci in egolalia, viaggi e miraggi.6 comments
mentre ero in vacanza pensavo (molto, molto raramente, ma è capitato) ai post che avrei scritto al mio rientro. l’anniversario della morte di Facchetti, la chiusura di Diario, il Leone d’oro che nemmeno quest’anno l’hanno dato a Loach, né a Lo Cascio, lo scassamento di coglioni seguito alla morte di Pavarotti, i fischi alla marsigliese,1 qualche pensiero su tutti gli 11 settembre del mondo.
adesso sono qua, davanti al pc, e mi viene in mente solo turchese. turchese, turchese, turchese. un leggero ventolino e molto turchese. un branco di gatti pigri, maglia rosa a un certosino bianco sordo, e tanto turchese. il pesce appena pescato, fare le quattro a chiaccherare in veranda e tanto turchese. un cane scettico, qualche ruga in più e turchese, turchese, turchese. il dolcesardo, l’odore del mirto e uno splendido maniaco di un anno che urla alla vista di tanto turchese.