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Sfrush 23 gennaio 2009

Posted by chiaradavinci in lector in fabula, meravigliose creature.
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Per colpa di Gipi stamani mi sono svegliata con le borse sotto gli occhi e lo sbadiglio arrugginito.

L’ho letto tutto d’un fiato e quando ho spento la luce ci ho messo un po’ ad addormentarmi. LMVDM è allo stesso tempo un pugno e una carezza (ecco, l’inversione l’ho messa perché Celentano basta). Un libro scribacchiato a mano, fatto di immagini volutamente semplici e bellissime, perché il signor Pacinotti non vuole stupirci con effetti speciali, ma giusto con due righe stortignaccole che di speciale hanno molto di più. Perché virtù luce anche in disadornissimo ammanto, se luce davvero.

Ora, non so se le cose che racconta sono reali, se è proprio la sua autobiografia, però le racconta bene e le mette insieme bene e le fa anche finire bene, ed è tutto un male, male, male accanto a un bene, bene, bene, com’è la vita vera. Voglio dire, non so se le cose sono andate davvero così come le racconta, però sono certa che lì dentro c’è lui. Lui senza protezioni, senza mediazioni ma non improvvisato, indifeso ma non esibizionista.

E’ un libro a zig zag. Si va un po’ di qui, si passa di là, si ritorna di qua, di su e di giù. Gipi butta lì una cosa, se ne va, e poi torna a prenderla e a modo suo la spiega, alla faccia dell’asimmetrico e dell’aguzzo di questo ragazzo dalla faccia aguzza e asimmetrica.

Racconta di un mancato stupro a due passi, di un quasi-suicidio, di problemi di droga e di erezione, di amori mancati, di amici che vanno e vengono, di cose non dette ritirate fuori dopo tanto, di adolescenti pisani (sdoganatissimi, quasi quasi chiedo la cittadinanza). Racconta tutto con una semplicità e una naturalezza che disarmano, con una sincerità che fa quasi tenerezza e che – se uno ha visto l’intervista di Miss (precisazione antipecoreccia: è una I quella tra la P e la S) Pissera Bignardi – è impossibile non prendere sul serio. Ecco, questo sì, il libro è serio. Bello e serio, anche se ogni tanto fa ridere. Serio e non pesante, serio in bianco e nero, serio ogni tanto a colori.

Colorate, dettagliate e per certi versi più realistiche sono le tavole extra. La storia dei pirati che su una nave trovano un solo superstite, magro magro, col nasone e le orecchie a sventola (o chi sarà mai? Pippo Baudo? Franco Battiato? Pippo Franco?) e gli chiedono di raccontare storie d’amore, perché loro le donne non le vedono mai. Però lui non ce la fa a raccontarle e per punizione lo abbandonano su un’isola sperduta. Su quell’isola succede un po’ di male e un po’  più di bene e alla fine si giunge alla conclusione che uno è felice se capisce cosa vuole ed è capace di esprimerlo. Come gli indigeni dell’isola. Loro dicono solo “sfrush”, parola che vuol dire tutto, ma il suo significato dipende dal sentimento di chi la pronuncia. “E’ un linguaggio onesto”, almeno lui.

Se non si fosse capito, m’è garbato tanto e ora vo a dipingere Garibaldi di blu. Sfrush.

PDVC, no… BLDV, no… PTCR, no… insomma, trovatelo da voi 22 gennaio 2009

Posted by chiaradavinci in lector in fabula, meravigliose creature, traduzione.
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Come dicevo dianzi (dianzi, sì, dianzi, perché noi toscani si dice codesto e dianzi, va bene?) qui, qualche settimana fa dalla Bignardi (oh, a me mi garberebbe proprio esse’ come la Bignardi, marito pisano a parte) ho scoperto Gipi.

(Oggi WordPress non mi lascia caricare i video, però se andate qui lo vedete)

Come dicevo sempre lì, mi hanno molto colpito tutti e due (no, Sofri non c’entra), l’artista Gipi e l’uomo Gipi. Dell’artista c’è poco da dire, ne ha parlato anche il Uollstrittgiurnal, è bravo, disegna da Ibra (nel senso che fa con il pennello quello che Ibra fa coi piedi, ma è più simpatico, anche se pisano), ha una rubrica fissa su Internazionale e ha vinto anche un sacco di premi. Quanto all’uomo invece si vede che è uno che ha parecchio da raccontare, uno trasparente, complicato ma vero, un gran bel tipo, che non si vergogna di quello che dice, pensa, fa, è.

Mi piacerebbe molto leggere il suo romanzo, se mi arrivasse, perché è più di un mese che l’ho ordinato ma sembra inesistente. In realtà sono proprio curiosa: sarebbe la prova tangibile del fatto che i pisani sanno scrivere. Oddio, non è che ci voglia la scienza per scrivere LMVDM, ma per un pisano è già tanto.

In rete ho trovato il suo blog e un sacco di belle interviste. Questa è quella che mi piace di più, ci sono tanti bei disegni e un paio di affermazioni che mi hanno colpito:

Molti farebbero carte false per poter accedere nel mondo del fumetto, forse perché, soprattutto in Italia, quello del fumettista è visto come un mestiere goliardico, un lavoro che non è un lavoro. […] Cosa ne pensi?
Che se si paragona a tutti quei mestieri alienanti e umilianti che ci sono in giro, questo lavoro è assolutamente un paradiso. Nel mio caso, poi, che lavoro in assoluta libertà, è un superparadiso. Naturalmente c’è da farsi il mazzo, ma è una cosa piacevole. Certo può diventare un inferno se si segue il lato oscuro, se si viene presi dalla smania di pubblicazione quando non si è ancora pronti o si sceglie questa professione per fare quattrini.

Sostituendo le parole ‘fumetto’ e ‘fumettista’ con ‘traduzione’ e ‘traduttore’, avrei potuto dirlo io.

//www.officina-creativa.net, prova che Cernobil ha fatto nascere un pisano furbo, ma uno bello cera già.

Foto tratta dal sito http://www.officina-creativa.net, prova che Cernobil avrà pur fatto nascere un pisano furbo, ma uno bello c'era già.

Spacchiamo l’ombelico in quattro 7 dicembre 2008

Posted by chiaradavinci in egolalia, lector in fabula, meravigliose creature, traduzione.
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Chi decide di chiamare il suo blog egolalìa ha poi tutto il diritto di parlare di sé e delle proprie creature. In genere parlo della mia (per ora unica) creatura di ciccia, più di rado di quelle di carta. Oggi voglio affrontare l’argomento come ci si sente a tradurre un best seller.

L’ho già scritto più volte (anche qui, per dire), finora l’unico romanzo che ho tradotto, e non ho neppure fatto tutto da sola, è Eclipse, il terzo volume della saga di Twilight, sì, quello dei vampiri e i lupi mannari che se le danno di santa ragione, quello del film con tutta quella gente con quei visucci che fanno paura, bianchi come cenci, quello. Tradurre un libro del genere è come camminare sui carboni ardenti, perché non si sa mai come reagiranno i fan scatenati (ne abbiamo parlato anche qui, per dire) però è anche una bella soddisfazione quando in giro vedi qualcuno con quel libro in mano (no, qui, di questo non abbiamo parlato).

A me è capitato di entrare nel day-hospital di un reparto oncologia e vedere due persone che leggevano quel libro lì, e ho sorriso pensando che le nostre parole forse hanno alleviato qualche pena. Poi è entrata l’infermiera, trafelata come tutte le infermiere, soprattutto nei day-hospital, ha visto i libri e si è messa a raccontare del film che aveva visto il giorno prima col fidanzato. L’aria sognante era tutta merito suo, del fidanzato, però è stato bello vederla fermarsi accanto a quei letti e magari spendere due parole in più con quei due malati proprio grazie a quel libro lì.

E mi è capitato anche di ricevere la seguente convocazione per una riunione di condominio:

“Ordine del giorno: approvazione delle tabelle millesimali
approvazione del bilancio annuale
firma delle copie di Eclipse da parte di una delle traduttrici1

O l’sms da una collega “Sono in uno scompartimento, circondata da sedicenni che leggono il libro che hai tradotto tu e parlano del film e del seguito, aiuto!”2. A me piace troppo vedere i ragazzi che leggono. Possono leggere anche Moccia, fa lo stesso, l’importante è che leggano (no, l’ultimo di Bruno Vespa no, c’è un limite a tutto). Lo dice anche uno dei miei blogger preferiti, i ragazzi non leggono più. Se magari uno ha iniziato a leggere proprio perché attratto da quel libro con quei personaggi coi visucci e poi s’è ritrovato a leggerne un altro e un altro ancora, via, allora ben vengano i visucci.

Uno dice: chissà quanti soldi avrete fatto a tradurre quel libro lì. Ah ah ah ah ah, che ridere. I soldi li ha fatti al limite l’editore e non è mai una brutta cosa se uno che pubblica libri fa un po’ di soldi (be’ non facciamo di tutta l’erba un fascio, se quello lì che possiede la casa editrice che in Italia vende di più – e non solo quella, fa bene ricordarlo – guadagnasse un po’ meno, sarebbe molto meglio). Anche perché poi quell’editore con quei soldi che guadagna vendendo il libro che hai tradotto tu ci finanzia questo, o questo, o questo e tu quando li leggi e pensi ma che bei libri, poi capisci che il tuo lavoro, in fondo, è proprio bello.

E poi grazie a quel libro coi tipi con quelle brutte cere (visucci l’avevo già scritto un po’ troppe volte) ho avuto modo di prendere parte a un gran bel progetto (no, via, il link non ce lo rimetto, tre bastano, ma no, dai… vabbè se insistete eccolo), un progetto che ha coinvolto tanti colleghi che sono anche tanti amici, un progetto che ci fa girare l’Italia, portato avanti da una pazza furiosa che se non la fermiamo va a finire che piastra anche qualche premio Nobel, pubblicato da un editore operaio che vuole cambiare l’Italia. Un progetto che mi sta molto a cuore (non s’era capito, vero?) e che noto con piacere non è piaciuto solo a me. Grazie e grazie.

Poi dice che i cerchi non si chiudono. Ho cercato unimmagine per Nabelscha, ovvero osservazione dellombelico, omfaloscopia, e mi è venuta fuori questa.

Poi dice che i cerchi non si chiudono. Ho cercato un'immagine per "Nabelschau", ovvero osservazione dell'ombelico, omfaloscopia, e mi è venuta fuori questa.

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1 che poi eravamo due traduttrici e un traduttore.

2 le ho risposto “Se ti rompono le scatole, minaccia di svelare il finale: la madre è lui con la parrucca.”

Ogni promessa è debito 30 settembre 2008

Posted by chiaradavinci in egolalia, meravigliose creature, traduzione.
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Sempre meglio che la foto di quattro traduttrici disperate, riprese (male). Così si evitano anche pericolose taggature (ditemi voi cosa mi tocca scrivere taggature).

Sempre meglio che la foto di quattro traduttrici disperate, riprese (orrendamente) mentre presentano un libro virtuale. Così si evitano anche pericolose taggature (guardate cosa mi tocca scrivere: taggature).

Sono appena rientrata da Urbino, considerata città ideale e associata ai valori dell’Umanesimo. A me invece, vuoi per via del cielo plumbeo che la ricopre in settembre, vuoi per le strade deserte e fredde a qualsiasi ora, vuoi per tutta quella pietra uniforme che la rende speculare e dedalica, è sempre sembrata l’ambientazione ideale per un thriller. Quello che sto per raccontarvi.

Mi trovavo a Urbino per partecipare alla sesta edizione delle Giornate della traduzione Letteraria, organizzata da Ilide Carmignani. Per chi non lo sapesse, Ilide è, tra le mille altre cose, la traduttrice ufficiale di Luis Sepúlveda. È un po’ colpa loro se adesso esistono una davinci’s family e un marlonbrando, se faccio la traduttrice e, indirettamente, se esiste egolalia. Sarebbero tutte storie interessanti, ma oggi devo parlare d’altro.

Ho incontrato una volta Sepúlveda alla Fiera del Libro di Francoforte. Nel dedicarmi un suo libro, scrisse “No te olvides de sonreir”, ossia “Non dimenticarti di sorridere”, e aggiunse a voce “…porque lo haces de manera estupenda”. Sorvolando sul fatto che Sepúlveda è un gran figlio di buona donna e che ci prova con qualsiasi essere respirante di sesso vagamente femminile, il complimento è stato apprezzato, soprattutto  da chi fa del bicchieremezzopienismo una filosofia di vita. Quella del sorriso è una gran bella  storia,  ma per il momento la lasciamo lì.

Dicevamo che sono appena tornata dalle Giornate della Traduzione Letteraria. Non era la prima volta che partecipavo all’evento, vi avevo preso parte già nel 2005. Allora solo come uditrice,  stavolta  anche in qualità di relatrice. In entrambe le occasioni Urbino ha segnato un momento di svolta. Nel 2005 avevo appena frequentato il corso della BCLT di Norwich, dove conobbi Featheryca ed elleeffe e presi coscienza del fatto che da grande volevo fare la traduttrice letteraria. Tornata da Urbino entrai pure nel vortice-Marlonbrando (nato esattamente nove mesi e una settimana dopo), però questa è un’altra storia, e ve l’ho già raccontata un sacco di volte.

La mia seconda partecipazione alle Giornate avviene invece poco dopo l’uscita del la mia prima traduzione letteraria (ehm, letteraria, sì), in concomitanza con il lancio de “Il mestiere di riflettere. Storie di traduttori e traduzioni”, cui ho inspiegabilmente preso parte. Anche questo è un argomento da non tralasciare, ed è probabile che gli dedichi una puntata futura di Blu Notte un post a venire.

In entrambe le occasioni ho ritrovato colleghi speciali e conosciuto persone che bazzicano questo ambiente a vario titolo e che si sono rivelate all’altezza. Bella gente che mi ha fatto pensare e ridere insieme. Risate spensierate e allegre, risate riflesse e anche qualche risata thoughtful (si sente, eh, che ho appena finito di tradurre una biografia di Woody Allen?).

Siamo all’ultima sera della mia ultima permanenza a Urbino. Sto rientrando in albergo insieme alla mia compagna di stanza, che qui chiameremo Chmp**, e  a due nostre nuove amiche. Chmp** è un vulcano di idee dalle vocali larghe e dal caschetto sbarazzino ed è la responsabile unica del mio viaggio in terra marchigiana. Ci accompagnano una scrittraduttrice col naso all’insù e un’allitterante  insegnante ispanista, bionda, che non ha ben chiara la differenza tra fiori e frutti. Per le strade sampietrine di Urbino pioviggina, abbiamo solo due ombrelli e siamo costrette a stringerci un po’. Terreno scivoloso, circa mille spettatori sugli spalti. Espulso al 36′ Beccalossi. La scrittraduttrice rallenta, si sofferma, guarda me e Chmp** con aria misteriosa e annuncia: “Devo farvi una richiesta particolare…”

Il bravo noirista qui creerebbe un po’ di suspance, terrebbe tutti col fiato sospeso e poi farebbe succedere qualcosa. Siccome io sono negata, lascio che i miei lettori risolvano il giallo da soli. Qualche indizio c’è: cosa avrà mai chiesto la scrittraduttrice?

Il primo che indovinerà riceverà in premio una copia del “Mestiere di riflettere”, libro  in uscita, che verrà presentato sabato 11 ottobre al Pisa Book Festival.

è un mondo difficile 7 aprile 2008

Posted by chiaradavinci in meravigliose creature.
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quello che un giorno ti svegli, fai un giro tra i siti dei tuoi amici e l’unica cosa che hai voglia di dire è VAFFANCULO. sono stufa di aspettiamoapreoccuparci, sono stufa di dobbiamo crederci, sono stufa e basta. VAFFANCULO PORCATROIA VAFFANCULO senza asterischi.

te lo dico anche qua. io ci sarò, come tu mi vuoi. e se non mi vuoi, ci sarò lo stesso. perché io non sarò su quell’aereo – e invece sì, e non ti parrà il vero.

Certezze e preoccupazioni 25 marzo 2008

Posted by chiaradavinci in egolalia, meravigliose creature.
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Da sempre sono cosciente di avere un ego piuttosto dilatato (da Montelupo si vede Capraia, Cristo le fa e poi le appaia). Però da quando marlonbrando chiama Darth Vader

‘mamma’, provo un leggero sconforto.

Quelle che… 2 novembre 2007

Posted by chiaradavinci in meravigliose creature.
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…siamo nate sui tacchi, ma siamo splendide anche senza trucco. Oh yeah.